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Queste due foto
documentano un gravissimo incidente occorso ad un altro carro del reparto durante
un'esercitazione sul poligono del Cellina Meduna. Dovendo guadare il fiume e preso dalla
concitazione dell'evento, l'equipaggio, fresco di addestramento basico, dimenticò di
gonfiare la guarnizione che sigilla la giunzione torretta/scafo. Tra parentesi l'
operazione era peraltro tutt'altro che sicura: infatti si doveva azionare dalla torretta
una leva posta all'interno dello scafo, infilando il braccio attraverso la struttura
"a cesto" solidale con la torretta e che costituisce il pavimento della stessa.
Se in quel momento qualcuno l'avesse posta in rotazione, il malcapitato all'opera avrebbe
rischiato l'amputazione del braccio. Fatto sta che a causa della grave dimenticanza,
subito dopo essere entrati in acqua questa iniziò a penetrare nel carro e, come se non
bastasse, salendo di livello fu aspirata dal motore che immediatamente si spense bloccando
il carro che, spinto a sua volta dalla corrente, si inclinò repentinamente su un fianco.
Il dramma fu però che il pilota rimase intrappolato al suo posto non riuscendo ad uscire
attraverso i portelli della torretta e tantomeno per il proprio. Disperatamente, tenendosi
l'un l'altro, i membri dell'equipaggio già in salvo riuscirono ad aprirgli il portello ed
a tirarlo fuori risolvendo fortunatamente il tutto con qualche colpo di tosse per l'acqua
bevuta. Il carro fu più tardi recuperato da un Bergeleopard. Le foto, scattate da un
commilitone subito dopo la scampata tragedia con una macchinetta tascabile, ritraggono lo
sbadato equipaggio e, sulla destra con l'espressione tramortita, il pilota
"miracolato".
A commento di queste interessanti immagini aggiungo che gli incidenti in fase di guado con
il carro immerso oltre la sommità dello scafo non sono per niente infrequenti e dovuti
quasi sempre alla scarsa esperienza degli equipaggi. Un capocarro che prestò servizio
sugli M26 Pershing negli anni '50 mi ha raccontato che con questi veicoli l'operazione era
ancora più rischiosa dato che, a differenza del Leopard, essi erano privi di ogni
guarnizione tra scafo e torretta. A ciò si ovviava effettuando il guado alla massima
velocità sfruttando la minima capacità di galleggiamento del veicolo ed il suo abbrivio.
Non sempre ciò era sufficiente e pertanto era necessario coordinare il movimento dei
carri in modo tale da avere sempre e solo un mezzo (dei quattro che all'epoca formavano il
plotone carri) nel punto più profondo del guado. Solo così si poteva garantire il pronto
intervento degli altri veicoli in soccorso di quello che fosse disgraziatamente affondato.
Ricordo inoltre che per i guadi il Leopard, oltre alla citata guranizione, è dotato di un
sistema idraulico che controlla le prese d'aria del motore, di due pompe per drenare
l'acqua infiltratasi e di un condotto stagno da montare sulla cupola del capocarro per
consentire il guado con veicolo totalmente immerso (quest'ultimo diapositivo non è mai
stato impiegato sui veicoli italiani). |